
La Panadina sarda che sposò un Piemontèis. L’abbiamo fatto in tante, da adolescenti, sotto quel vestitino di foggia classica, approvato dalla mamma e le zie, a volte abbiamo nascosto mise ben più trasgressive, bellamente messe in mostra dopo aver voltato l’angolo dell’ultima casa del rione. E cosi accade oggi che una panadina sarda, concepita per essere farcita secondo tradizione e guarnita finemente dalle abili mani di una massaia oschirese, sia nata, piuttosto, nella cucina di una foodblogger di adozione torinese, fiera delle sue origini, ma felicemente corrotta dalle usanze locali. E tra una pardula e un’insalata russa, rispettosa della tradizione, ma curiosa di infrangere le regole, accetta la sfida di un difficile sposalizio, quello tra la cucina rurale isolana e Re Peperone. Protagonista, quest’ultimo, di numerose preparazioni gastronomiche del Piemonte, ma stranamente assente nei ricettari della Sardegna, che pure avrebbe un clima adatto alla sua crescita.
A ben vedere, le due cucine, quella sarda e quella piemontese, traggono entrambe spunti dalla vita in campagna, e ad un cuoco dalla mente aperta non sfuggiranno le incredibili possibilità di incontro e scambio tra le due realtà, che hanno molta storia e molti ingredienti in comune.
D’altra parte, l’incredibile e fortunata diffusione del peperone negli orti e le tavole della penisola, è dovuta proprio ad un personaggio lungimirante, Domenico Ferrero, commerciante torinese del Balon che, a inizio ‘900, con il sostegno degli agricoltori ne ha organizzato per primo la produzione e commercializzazione, dando il via ad una lunga storia di iniziative, di valorizzazione e selezione delle specie tipiche locali, che hanno condotto verso la creazione del Consorzio e all’istituzione della Sagra, manifestazione con un ricco calendario di eventi che, a fine estate, premia i produttori e quest’anno diventa Fiera Nazionale.
Nonostante abbia faticato ad imporsi come base della nostra alimentazione e, dal suo arrivo in Europa, nel XV secolo, ad oggi, la sua storia nel territorio abbia conosciuto anche periodi difficili, per la forte competizione dell’industria e delle varianti estere, il peperone di Carmagnola è oggi uno degli elementi trainanti dell’economia locale. 5 gli ecotipi riconosciuti, di cui uno, il corno di bue, presidio Slow Food dal 2000. Mentre l’area di produzione include 25 comuni della provincia di Torino e 10 della provincia di Cuneo che, rispettando e trasmettendo le tecniche di coltivazione, produzione e trasformazione, rendono onore ai pionieri del Borgo Salsasio che, nella seconda metà dell’800, coltivavano i primi peperoni.
Su questi valori di rispetto che non preclude scambio e conoscenza, di crescita interiore e collettiva, la sfacciata foodblogger ha osato spodestare lo spinoso carciofo sardo e unire Re Peperone, nella sua variante Quadrato, dalla polpa carnosa e dolce, con uno dei simboli dell’arte culinaria dell’isola. Con buona pace della panadina, onorata della compagnia e fiera di aver fatto da tramite tra culture, perché la cucina non divide, ma, anzi, è da sempre un ponte che unisce e spinge l’uomo a percorrere lunghe distanze.
Questa e altre 9 storie di foodblogger alla Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola, il 3 settembre 2017
La Panadina sarda che sposò un Piemontèis
Ingredienti per 8 panadinas
Per la sfoglia
250 g di semola
100 ml di acqua
1 cucchiaio di strutto
1 pizzico di sale
Per il ripieno
400 g di peperone giallo e rosso di Carmagnola, varietà Quadrato
300 g di salsiccia di suino
300 g di patate a pasta bianca
4 cucchiai d’olio exravergine di oliva
1 mazzetto di prezzemolo
1 spicchio d’aglio
Sale e pepe q.b.
Occorrente
Mattarello
2 cerchi tagliapasta diametro 10 e 6 cm
1 tazza diametro 6 cm
Lavate e pulite i peperoni di Carmagnola varietà Quadrato delle parti non edibili, tagliate le calotte e riducetele a cubetti. Ricavate delle strisce dal corpo del peperone e tagliate anch’esse a pezzettini.
Lessate le patate in acqua salata e tagliatele a pezzetti quando saranno fredde. Sminuzzate la salsiccia in tocchetti delle dimensioni di una nocciola. In un tegame capiente scaldate l’olio e fate insaporire la salsiccia con l’aglio, unite i cubetti di peperone e fate cuocere per circa 5 minuti. Poi aggiustate di sale e pepe, mettete il prezzemolo tritato, le patate e mescolate. Spegnete la fiamma e attendete che si freddi, nel frattempo preparate la sfoglia.
In una ciotola setacciate la farina, unite un pizzico di sale, lo strutto fuso e freddo insieme a parte dell’acqua. Impastate in modo grossolano e valutate se la restante acqua serve tutta.
Trasferite l’impasto sulla spianatoia e lavoratelo per circa 15 minuti, il risultato dovrà essere una pasta soda, elastica e liscia. Coprite con un panno e fate riposare per 30 minuti.
Con il mattarello stendete la pasta e ottenete uno spessore di 2 mm circa, ricavatene 16 dischi, utilizzando i due cerchi di misura diversa. Prendete il disco più grande e posatelo dentro la tazza, vi servirà da supporto finchè la panadina sarà formata. Versate un po’ di ripieno all’interno e coprite con il disco più piccolo.
Unite i lembi dei due dischi e sigillate con le dita. Piegate il bordo verso l’interno, pizzicate e piegate di nuovo, continuate con questo movimento, finchè la panadina sarà chiusa, poi estraetela dalla tazza e posatela su una placca foderata di carta forno.
Formate in questo modo tutte le panadinas, poi cuocetele in forno preriscaldato ad una temperatura di circa 180°. Quando la pasta sarà cotta, gonfia e dorata, mettetele fuori. Le panadinas sono ottime calde, ma sono buone anche preparate in anticipo e consumate a temperatura ambiente.
Fonti storiche: Il Peperone. Storia, curiosità, ricette, da Carmagnola al mondo – di Vincenzo Reda